Editoriale pubblicato su Il Giornale di Vicenza in occasione delle celebrazioni della Giornata Mondiale dell’Educazione indetta dalle Nazioni Unite (24 gennaio 2019)
265 milioni di bambini e adolescenti in tutto il mondo non hanno l’opportunità di entrare o completare la scuola. Più di un quinto di loro sono in età scolare. Sono ostacolati dalla povertà, dalla discriminazione, dai conflitti armati, dalle emergenze e dagli effetti dei cambiamenti climatici. La migrazione e lo spostamento forzato influenzano anche il raggiungimento degli obiettivi educativi. Questo è l’allarme lanciato dalle Nazioni Unite in occasione della Giornata Mondiale dell’Educazione che viene celebrata quest’anno per la prima volta il 24 gennaio. Quando ha adottato l’ Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile nel settembre 2015, la comunità internazionale ha infatti riconosciuto che l’istruzione è essenziale per il successo di tutti e 17 i suoi obiettivi. L’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 4 , in particolare, mira a “assicurare un’educazione di qualità inclusiva ed equa e promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti” entro il 2030. Nelson Mandela, premio Nobel per la Pace e grande promotore dei diritti fondamentali ci ricorda che: “L’educazione è l’arma più potente che può cambiare il mondo”. Di fondamentale aiuto in questa necessità di evoluzione culturale è la crescita e l’affermarsi a livello internazionale della pedagogia interculturale e della conseguente educazione interculturale. La pedagogia interculturale infatti mette in condizione i docenti di tutte le materie di sviluppare un approccio educativo aperto al riconoscimento dei valori appartenenti alle diverse culture, alla comprensione delle differenze, aiutando i giovani a superare i confini del proprio individualismo e del proprio gruppo di appartenenza per riconoscersi membri di una comunità più vasta, cosmopolita, che collega tutti nella solidarietà al di là delle razze, delle culture, delle fedi religiose o delle concezioni politiche. L’educazione interculturale favorisce insomma il superamento dell’educazione monoculturale, del “pensiero chiuso” (closed mind), inteso come pensiero che rifiuta i confronti e le alternative, del pensiero che si nutre anche di visioni estremiste, fondamentaliste politiche e/o religiose e va oltre il concetto di multiculturalità che pur favorendo la conoscenza delle altre culture non prevede interazioni con le stesse. Si tratta praticamente di educazione alla cittadinanza globale che aiuta, tra l’altro, a scoprire ciò che serve per costruire una società in cui tutti possano vivere insieme. L’obiettivo dell’intercultura è infatti quello di promuovere la formazione di una “personalità aperta” (open mind) in grado di comprendere e di saper convivere e interagire con le altre culture. Il cittadino sarà così in grado di meglio interpretare le necessità di questa società che sta crescendo vorticosamente e di predisporre adeguate risposte nel rispetto delle varie peculiarità culturali e dei diritti fondamentali dell’uomo e dei popoli L’educazione interculturale applicata ovunque, cioè in tutti i paesi, può essere l’antidoto agli scontri di civiltà. Scontri che non possiamo assolutamente permetterci vista la già critica situazione del pianeta! Solo attraverso un’educazione interculturale ci può essere conoscenza, rispetto, accettazione del diverso e quindi, laddove necessario, tolleranza reciproca. Come sappiamo, la tolleranza per essere fruttuosa deve necessariamente essere reciproca; infatti è difficile essere tollerante con chi non ci vuol tollerare, anche per questo è importante che l’educazione interculturale si diffonda a tutti i livelli sociali se vogliamo costruire una società nuova e più umana.