Editoriale pubblicato su Il Giornale di Vicenza gennaio 2018
I Grandi della Terra si sono riuniti a Davos in Svizzera per l’annuale incontro del World Economic Forum sulle prospettive dell’economia globale. Ma come sempre le divisioni e le contrapposizioni hanno impedito ai leader mondiali di trovare soluzioni comuni soprattutto per affrontare le drammatiche disuguaglianze sociali: dall’ultimo rapporto pubblicato dall’Oxfam risulta che l’1% detiene più ricchezza del restante 99% della popolazione mondiale con una forbice in costante crescita. Un allarme che purtroppo non è emerso dal dibattito tra le grandi potenze economiche che quest’anno si sono scontrate piuttosto sui dazi e le politiche protezionistiche proposte da Trump in contrapposizione alla Merkel che è diventata la paladina dei fautori della libera economia di mercato. Per favorire una maggiore equità sociale senza compromettere la libertà di impresa sarebbe invece auspicabile rilanciare con forza una iniziativa che 19 anni fa fu proposta proprio al Forum di Davos dall’allora Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, il “Global Compact”, un progetto dell’ONU sulla responsabilità sociale delle imprese alla quale, ad oggi, hanno aderito volontariamente circa 11.500 organismi tra cui oltre 7.000 grandi imprese di tutto il mondo. Nel suo appello, il Segretario Generale invitava i leader dell’economia mondiale ad aderire ad un “Patto Globale” che voleva unire imprese, agenzie dell’ONU, organizzazioni sindacali e della società civile nel promuovere la responsabilità sociale dell’impresa attraverso il rispetto volontario e la promozione di dieci principi fondamentali relativi ai diritti umani, al lavoro, all’ambiente e alla lotta alla corruzione. L’idea era quella di coniugare il potere dei mercati all’autorevolezza degli ideali universalmente riconosciuti, con l’obiettivo di riconciliare la forza creativa dell’iniziativa privata con i bisogni dei più svantaggiati e le esigenze delle generazioni future. Quelli del Global Compact sono principi che sulla carta dovrebbero essere condivisi da tutti gli Stati in quanto derivati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, dalla Dichiarazione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) sui Principi e i Diritti Fondamentali nel Lavoro, dalla Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo e dalla Convezione delle Nazioni Unite contro la Corruzione. Aderendo al Global Compact, le imprese si impegnano ad intraprendere un processo di integrazione consapevole nelle loro strategie aziendali e operazioni quotidiane, a promuovere e diffondere la loro applicazione nell’ambito della propria sfera d’influenza e a condividere con altre imprese e attori sociali le migliori esperienze realizzate. Le grandi imprese che in tutto il mondo hanno aderito e partecipano al Global Compact operano in settori e aree geografiche differenti, ma hanno in comune il fatto di essere aziende leader e di aspirare ad una crescita globale responsabile, che tenga in considerazione gli interessi di un ampio spettro di soggetti che include dipendenti, investitori, clienti, partner commerciali, associazioni di consumatori e comunità locali. Si tratta di uno strumento in linea con la realizzazione di una nuova economia etica globale, nell’ambito della quale questi principi devono essere rispettati da tutto il mondo produttivo. È importante aderire volontariamente ma fondamentale sarebbe che tutti aderiscano e in tutti i paesi, in modo che il rispetto di questo decalogo possa diventare, attraverso adeguati trattati, obbligo sancito da un ordinamento sovranazionale.