Articolo pubblicato su Il Giornale di Vicenza Aprile 2017

PMI: CONCORRENZA SLEALE E OCCUPAZIONE 

Alla grande rivoluzione digitale dell’industria 4.0 in atto, che con i suoi processi di automazione e con gli straordinari sviluppi della robotica contribuisce a ridurre molti vecchi posti di lavoro, si sono aggiunti, in questi anni, gli svantaggi causati da una globalizzazione non regolamentata che sta fortemente danneggiando l’economia reale. Si è innescato a livello globale, ma in particolare nei paesi svilup­pati, il fenomeno della cosiddetta concorrenza sleale che sta met­tendo in crisi moltissime aziende e in difficoltà tanti lavoratori. Infatti, la libera circolazione di merci prodotte a prezzi bassi in paesi dove il costo del lavoro è da 10 a 50 volte inferiore al nostro e i diritti dei lavoratori inesistenti o quasi danneggia gravemente le aziende dei paesi più progrediti, dove i diritti dei lavoratori sono rispettati e il costo del lavoro è di conseguenza più alto. La concorrenza sleale si avverte soprattutto nei settori produttivi dove necessita molta mano d’opera. Se due prodotti con caratteristiche simili vengono immessi sul mercato interna­zionale globalizzato e l’unica discriminante è il prezzo, al mercato non interessa se il primo è fatto inquinando di più, sfruttando i lavoratori in paesi che non garantiscono i diritti sindacali ed eludendo il fisco, né interessa se il secondo è realizzato con criteri socialmente e ambien­talmente responsabili. Così in un mercato senza regole vince solo il prezzo, non esistendo nessuna autorità sovranazionale che sia in grado di imporre delle regole. La globalizzazione senza regole, quindi, ha contribuito, nei paesi sviluppati, a destabilizzare i salari nel tentativo di ridurre i costi di produzione, mentre per crea­re più profitti moltissime aziende hanno delocalizzato le atti­vità manifatturiere e spesso anche quelle intellettuali verso i paesi a basso costo senza però migliorare in modo soddisfacente le condizioni di vita di quelle popolazioni. Sfruttando questa forza lavoro senza diritti, questi moderni schiavi, in spregio alle conquiste dei lavoratori raggiunte in quasi due secoli di storia, alcune multinazionali possono permettersi prezzi assolutamente non sostenibili dalle nostre aziende, guadagnando moltissimo. Il “caso Italia” è particolarmente significativo e per molti aspetti emblematico, viste le peculiarità della sua economia: la piccola e media impresa e l’artigianato, soprattutto nel nostro distretto del nord est, sono spesso in grave difficoltà poiché la loro creatività e la capacità di innovare non sempre possono reggere a queste forme di concorrenza sleale alle quali si deve aggiungere il danno provocato dal grande sviluppo di processi di imitazione dei nostri prodotti nei paesi a “basso costo” e i livelli record di tassazione nazionali. Il sommarsi di questi fattori ha comportato e comportano la chiusura di sempre più aziende con una inevitabile e progressiva perdita di posti lavoro. Bisogna trovare una via d’uscita, identificare e applicare nuovi sistemi di distribuzione della ricchezza secondo i principi di giustizia e di solidarietà che si basi sulla dignitosa partecipazione del cittadino al mondo della produzione e dei servizi e non si fermi alla sola ipotesi di elargizione di “reddito minimo garantito” e/o del reddito di base o di cittadinanza (basic income). Le soluzioni possibili devono essere vagliate nell’ambito di nuove istituzioni sovrannazionali democratiche da realizzarsi con l’auspicato rinnovamento dell’ONU; ad esempio, per mezzo di uno specifico “Centro Studi per una Equa Ripartizione della Ricchezzache affronti il problema nella sua dimensione socio economica globale. In senso generale, si tratta di promuovere nel contesto del Nuovo Umanesimo una “NUOVA ECONOMIA ETICA INTERNAZIONALE”. Ma non dimentichiamo che il rispetto dell’etica in economia è facili­tato e realizzabile nell’ambito di un libero mercato dove tutti possono partecipare a parità di condizioni, mentre diventa difficilmente re­alizzabile, se non impossibile, senza uno standard globale di riferi­mento valido per tutti.

Orazio Parisotto Studioso di Scienze Umane e dei Diritti Fondamentali