Photo by ILO/United Nations
Editoriale pubblicato su Il Giornale di Vicenza febbraio 2018
Il 20 febbraio le Nazioni Unite celebrano la Giornata Mondiale della Giustizia sociale, ricordando che la maggior parte dei flussi migratori oggi è collegata direttamente o indirettamente alla ricerca di opportunità di lavoro dignitoso. L’OIL, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro dell’ONU, stima che degli oltre 258 milioni di migranti a livello mondiale vi siano circa 150 milioni di lavoratori. La dignità del lavoro è diventata quindi un elemento centrale dal quale non si può prescindere soprattutto in questa fase storica in cui la globalizzazione senza regole sta mettendo in crisi l’intero sistema di protezione e di dialogo sociale. Proprio dieci anni fa le Nazioni Unite hanno adottato la “Dichiarazione sulla giustizia sociale per una globalizzazione equa” con l’obiettivo di garantire la promozione dello sviluppo e della dignità umana nel lavoro. Rappresentanti di governi, datori di lavoro e lavoratori di tutti gli Stati membri si erano allora formalmente impegnati per rendere effettivi questi principi. Purtroppo dobbiamo constatare che dalle enunciazioni non si è passati ai fatti e la condizione dei lavoro in questi anni è sensibilmente peggiorata. Ne sanno qualcosa i lavoratori e gli imprenditori delle piccole e medie imprese e dell’artigianto italiani in particolare qui nel nord est che devono ogni giorno affrontare gli svantaggi provocati da una globalizzazione non regolamentata che sta fortemente danneggiando l’economia reale aprendo la strada ad una concorrenza sleale dei paesi dove il costo del lavoro è oltre dieci volte inferiore a quello dei paesi più sviluppati e dove i lavoratori non godono di diritti. Una situazione che per molte nostre aziende risulta sempre più insopportabile. Ma non bisogna rassegnarsi. Basterebbe riprendere e rilanciare le proposte e i progetti che in passato erano stati elaborati dalle stesse Nazioni Unite. Già nel 1992 l’ONU aveva infatti costituito una “Commissione sul Governo Globale” (CGG) al fine di approfondire i problemi relativi alla promozione di un governo democratico della globalizzazione in campo economico, sociale e ambientale. La Commissione pubblicò un suo primo rapporto nel 1995 con considerazioni che oggi sono ancora di straordinaria attualità, affermando “la necessità di una governance globale che coinvolga non soltanto gli Stati e le istituzioni intergovernative, ma pure le organizzazioni non governative, i movimenti dei cittadini, le corporazioni transnazionali, le università e i mass-media”. La Commissione aveva inoltre presentato la proposta per l’istituzione di un “Consiglio per la Sicurezza Economica” da affiancare al Consiglio di Sicurezza (militare) istituito fin dalla nascita dell’ONU. Il nuovo Consiglio avrebbe dovuto favorire uno sviluppo economico più equilibrato e più sostenibile in tutti paesi e con esso una maggiore giustizia sociale. Le proposte non ebbero seguito ma le conclusioni finali espresse nel secondo rapporto del 1999 si sono dimostrate drammaticamente profetiche laddove la stessa Commissione constatava che: “In assenza di misure adeguate per assicurare una governance economica mondiale, la globalizzazione sta rendendo l’economia del pianeta più instabile, i paesi sono diventati più vulnerabili agli shocks finanziari, molti sono stati emarginati e il divario tra i più ricchi e i più poveri si è ampliato… I paesi più ricchi sono diventati più avari mentre il numero degli estremamente poveri, quelli che sopravvivono con un dollaro al giorno o meno, continua a crescere”.
Orazio Parisotto, Studioso di Scienze Umane e dei Diritti Fondamentali, Founder di Unipax, NGO associata al D.P.I. delle Nazioni Unite